A cura di Microbass
Il moniker NO FRONTIERS ben si addice ad un gruppo di quattro ragazzi che, come accade per la stragrande maggioranza delle volte, nasce sui banchi del liceo visto che sono legati da una comune passione per la musica. La musica sì, ma quale, quale suonare ? Quella rock, quella punk-rock che poi, come in una sorta di metamorfosi sonora, finisce per ispirarsi alle principali bands simbolo dell’armata punk-revival rappresentata all’alba dei favolosi anni 2000 : gli apostrofi dei Blink-182, le arrampicate dei Green Day, i viaggi dei Sum 41, le corde dei Rancid e, per non essere da meno, anche le avventure degli Offspring. E così, tra un cambiamento di formazione e l’altro, tra una apparizione live ed un palco di Milano, pian piano prende forma una line-up attuale tale da scrivere sul pentagramma i primi brani inediti in lingua inglese. La storia continua, dopo il rilascio di ben 4 EP dal vivo, con la presentazione del singolo “Wien” , un prezioso anticipo dell’uscita di “Blowing the Dust Away”, un altro EP autoprodotto contenente 5 motivi inediti. Questo ultimo lavoro, registrato a Milano ( 432 Hz Studio ), propone 16 minuti e 15 secondi di composizioni salomonicamente divisi tra Alessandro Canegallo ( guitar & voice ), Riccardo May ( guitar & voice ), Giacomo Gatti ( bass ) e Daniele Canegallo ( drum ). Intro d’impatto e robusto per “Sky On Ashes” : abbassate i decibel che escono dall’amplificatore finale del vostro impianto, please, e fate anche molta attenzione alle escursione dei coni della casse …L’intro ed il finale di “Get Rid Of It“, scandito dal ritmo preciso del basso, fanno da cappello e da coda al gioioso rockabilly che ci fa battere il tempo con il piede. E nel bel mezzo del brano, come una sorpresa tirata fuori dalla scatola, ecco che ti spunta un breve ma prezioso riff scalato di chitarra. Quel poco che basta per riallacciare il tema cantato. In “Ask the 8-Ball” le tonalità corali del basso, intrecciate con l’arpeggio a due chitarre, introducono esattamente le note che ci aspettiamo dalla voce, non una in più e non una in meno. Il gioco immaginario continua, e la giostra musicale non interrompe il suo vortice. Il ritmo, quindi, diventa sempre più serrato, sempre più veloce di battuta in battuta : “Worth Not Enough”, con la batteria in netta evidenza, assume le fattezze di una cavalcata. Per poi concludersi, come naturale, nelle ripide sequenze ritmiche di “The Final Shot”. Il giro del mondo, almeno quello immaginario, è stato così compiuto. Senza passare, inoltre, da una frontiera all’altra. Ed il merito, anche questa volta, è del solito gruppo di quattro ragazzi nato sui banchi del liceo …
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